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Immagine del redattoreRSA Arzaga

L'OCCHIO SVELA TUTTO E ANCHE MOLTI ANNI PRIMA - DIAGNOSTICARE L'ALZHEIMER

Dall’occhio è possibile prevedere se una persona soffrirà in futuro della malattia di Alzheimer, infatti nell’occhio si possono trovare gli stessi biomarcatori presenti nel cervello, cioè le proteine chiamate beta amiloide, una sostanza che si aggrega in una placca appiccicosa il cui accumulo è alla base della malattia di Alzheimer.
Occhio per diagnosi precoce
La retina ci può aiutare a diagnosticare l'Alzheimer

La grande differenza tra il reperire la sostanza amiloide nell’occhio piuttosto che nel cervello è che nel primo si può trovarla quindici anni prima. Attualmente, la diagnosi di demenza si basa su una serie di valutazioni, inclusi test cognitivi, scansioni cerebrali, test del liquido cerebrospinale (CSF), esami del sangue, valutazioni psichiatriche e test genetici. Questi possono richiedere molto tempo ed essere costosi, quindi molte ricerche recenti si sono concentrate sulla ricerca di metodi più rapidi e meno invasivi per diagnosticare la demenza. Cosa succederebbe se tutto ciò che un medico deve fare fosse collegare uno scanner portatile e appoggiarlo sugli occhi di un paziente? Ciò consentirebbe di risparmiare denaro, ridurre al minimo il disagio del paziente e rendere la diagnosi più precoce.

Il Dott. Eliav Shaked, fondatore e CEO di RetiSpec, una startup israeliana, spera di costruire e iniziare a testare il suo scanner oculare unico per l'Alzheimer nei prossimi 12 mesi e si spera che questo possa identificare i cambiamenti neuropatologici che indicano la malattia di Alzheimer in pochi secondi. I ricercatori hanno esaminato campioni di tessuto retinico e cerebrale raccolti in 14 anni da 86 donatori umani deceduti con malattia di Alzheimer (AD) o decadimento cognitivo lieve (MCI). Questi campioni sono stati confrontati con quelli di donatori cognitivamente sani e sono state trovate differenze molecolari, cellulari e strutturali tra le retine di pazienti affetti da AD e MCI rispetto alle retine di pazienti sani. Le placche di beta-amiloide (Aβ) sono comuni nel cervello delle persone con AD e questo studio ha trovato alte concentrazioni di Aβ nelle retine di pazienti con AD e MCI. Poiché questa malattia è una delle più costose a livello sanitario e si prevede che il numero di pazienti in tutto il mondo raddoppierà a 75 milioni entro il 2030 e quasi raddoppierà nuovamente a 130 milioni entro il 2050, si comprende come una diagnosi precoce possa avere dei risvolti enormi sia da un punto di vista medico che sociale. La diagnosi precoce infatti consentirebbe alle persone oltre a potersi preparare finanziariamente ed emotivamente, di provare modifiche alla dieta e allo stile di vita che potrebbero rallentare il ritmo o l'insorgenza della demenza, assumere prodotti antiossidanti come il glutatione, antinfiammatori come l’interleuchina 10 a basso dosaggio, chelanti dei metalli pesanti e fattori neurotonici specifici come il BDNF.

Il Dott. Eliav Shaked afferma Il problema è che, quando oggi diagnostichiamo la malattia, è già troppo tardi. Il malato di Alzheimer non capisce perché si trova nello studio del medico o con chi sta parlando. Inoltre il morbo di Alzheimer potrebbe non essere incurabile per sempre, infatti ci sono dozzine di nuovi farmaci in sperimentazione e un vero trattamento preventivo potrebbe raggiungere il mercato già nel 2025. Questa metodica diagnostica potrà identificare le persone che necessitano di questi nuovi farmaci prima che inizino a mostrare i sintomi", spiega Shaked.

Uno studio post mortem ha scoperto che le persone con deficit cognitivo o AD hanno molti cambiamenti retinici che non si vedono nelle retine di persone cognitivamente sane. Un altro studio molto interessante riguarda i marcatori infiammatori nelle retine. Le microglie sono cellule immunitarie, la cui azione è cambiata nelle persone con AD e altre forme di demenza. In questo studio, i ricercatori hanno scoperto che l’Aβ retinico e la microgliosi erano fortemente correlati con lo stato cognitivo sia negli uomini che nelle donne. Le donne, tuttavia, hanno mostrato livelli più elevati di microgliosi retinica rispetto agli uomini e livelli più elevati di infiammazione negli occhi. Poiché più donne di età superiore ai 65 anni vivono con la demenza di Alzheimer rispetto agli uomini, bisogna capire come le differenze di sesso contribuiscono al rischio. La strada per curare e debellare le malattie neurodegenerative è lunga ma molti passi anche se piccoli si stanno facendo. Luciano Bassani - RSA Arzaga Milano

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