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DEMENZE E MALATTIE NEURODEGENERATIVE: NUOVE SPERANZE GRAZIE ALLA STIMOLAZIONE TRANSCRANICA PER DIALOGARE CON IL CERVELLO

  • Immagine del redattore: RSA Arzaga
    RSA Arzaga
  • 29 lug
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 30 lug

Le demenze e le malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, il Parkinson o la SLA non sono più solo un tema da addetti ai lavori. Parlare di demenza significa parlare di un insieme di disturbi che portano a un lento e progressivo declino delle funzioni mentali: memoria, linguaggio, capacità di orientarsi.

La forma di neurodegenerazione più diffusa è l’Alzheimer, che rappresenta circa due terzi dei casi. In base alle conoscenze odierne, il fattore scatenante della malattia di Alzheimer sarebbero molecole proteiche nocive che si vengono a formare esternamente ai neuroni compromettendone il funzionamento. Una molecola in particolare, la beta-amiloide, si accumula e si deposita nel cervello dei pazienti con malattia di Alzheimer. Si vengono così a formare le cosiddette placche a causa delle quali si verifica un peggioramento della circolazione sanguigna e di un anomalo apporto di ossigeno e di energia al cervello con conseguente degenerazione delle funzioni cognitive. Altre forme di demenza neurodegenerativa includono la demenza vascolare, la demenza a corpi di Lewy e la demenza fronto-temporale. Con l’invecchiamento della popolazione sempre più famiglie si trovano a convivere con queste patologie che colpiscono il cervello, compromettendo memoria, movimento e autonomia dei parenti più fragili. Oggi, grazie alle neuroscienze, si stanno aprendo nuove strade terapeutiche. Negli ultimi anni, i ricercatori hanno sviluppato metodi per “modulare” l’attività del cervello senza dover ricorrere alla chirurgia. Tra queste, una delle più promettenti è la stimolazione transcranica, una tecnica non invasiva che “dialoga” con il cervello tramite impulsi elettrici, sonori o onde magnetiche. Già oggi sono state sviluppate varie tecniche con risultati promettenti: TMS (Stimolazione Magnetica Transcranica) che utilizza campi magnetici per attivare aree specifiche del cervello. La TDCS (Stimolazione Transcranica a Corrente Diretta) che impiega piccole correnti elettriche per regolare l’attività neuronale. 


La tecnologia più recente è la TPS® (Stimolazione Transcranica a Impulsi) che utilizza onde d’urto a bassa energia per stimolare le aree cerebrali più profonde. Le onde d’urto sono impulsi acustici che vengono impiegati con successo dal 1980 per il trattamento di diversi quadri patologici. Hanno la caratteristica di permettere all’energia fisica di agire in aree tissutali circoscritte, inducendo la meccanotrasduzione, la stimolazione dei fattori di crescita (VEGF) e il rilascio di ossido di azoto. L’efficacia delle onde d’urto nelle malattie neurologiche quali spasmi post-traumatici e paralisi spastiche   è stata riconosciuta a metà degli anni novanta del secolo scorso.  Nel 2015 sono stati effettuati i primi trattamenti su pazienti affetti da malattia di Alzheimer presso l’università di Vienna. Nel 2018 la TPS  ha ricevuto l’autorizzazione per il trattamento del sistema nervoso centrale in pazienti affetti da malattia di Alzheimer. La stimolazione transcranica rappresenta una promettente terapia complementare nella malattia di Alzheimer e in genere nelle malattie neurodegenerative. Sebbene non costituisca ancora una cura definitiva, può migliorare significativamente la qualità di vita dei pazienti e rallentare il decorso di alcune patologie. La ricerca in questo campo è in rapida evoluzione e potrebbe, nei prossimi anni, portare a interventi più efficaci e mirati, capaci di riscrivere il futuro della neurologia. La stimolazione transcranica è un esempio di come la medicina stia diventando sempre più “su misura”. In futuro, grazie all’integrazione con tecnologie di imaging e intelligenza artificiale, sarà possibile personalizzare il trattamento in base al profilo specifico del paziente.

 

Luciano Bassani

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